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Santi del 21 Settembre

Il mio Santo > I Santi di Settembre

*Sant'Alessandro di Roma - Martire (21 Settembre)

II secolo
Vescovo nelle vicinanze di Roma, i suoi miracoli attirarono l'attenzione del popolo ed egli fu arrestato e martirizzato sulla via Claudia, a circa venti miglia da Roma. San Damaso traslò le sue reliquie in una chiesa romana.
Etimologia: Alessandro = protettore di uomini, dal greco
Martirologio Romano: Sempre a Roma al ventesimo miglio della via Cassia in località ad Baccanas, Sant’Alessandro, martire.
Deposto al XXI miglio della via Cassia, è indicato al 21 settembre dalla passio, da Adone, dal Martyrologium Parvum Romanum e dal Martirologio Romano.
La passio, pur non avendo valore storico, contiene indicazioni topografiche veritiere. La passio chiama vicus  Baccatensis o Baccanensis al XX miglio della via Claudia la statio segnalata ad
Baccanas al XXI miglio della via Cassia dall'Itinerario di Antonino e dalla Tavola Peutingeriana. La via Cassia si diramava dalla Claudia all'XI miglio da Roma.
La passio appare scritta da un presbitero Crescenziano, il quale chiede la concessione di un'area cimiteriale per circuitu loci pedes CCC, ai tempi degli Antonini; sul sepolcro sarebbe stata posta l'epigrafe: «Hic requiescit sanctus et venerabilis martyr Alexander episcopus cuius depositio celebratur undecimo Kal. octobris». Viene ivi  dedicata una chiesa «in Christi nomine, conferente plebe, X Kal. apriles, Constantino II et Crispo II consulibus » (a. 321).
Adone ha utilizzato un altro testo della passio e dà la notizia che il papa Damaso avrebbe fatto per il martire «cryptam condignam » sulla via Claudia al XX miglio da Roma, dove lo avrebbe deposto al «VI Kal. dec. quando et festivitatem ei dicavit».
Questa notizia si legge nel Martirologio di Adone, nel Parvum Romanum e in Baronio. Il De Rossi ha messo in rilievo che ancora nel 1053 una bolla di Leone IX ricorda una «massa Clodiana cum lacu Baccanis et ecclesia Sant'Alexandri quae est in Baccanis».
A questa chiesa forse appartengono i due pilastrini con tralci di vite e monogrammi di Cristo, ivi rinvenuti in un'area cimiteriale all'aperto, ora nel museo cristiano Pio Lateranense.
Il De Rossi rileva ancora che effettivamente al XVII miglio della Cassia esisteva una villa di Settimio Geta (Caracalla), dove fu, secondo la passio, giudicato il martire.

(Autore: Enrico Josi – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria -  Sant'Alessandro di Roma, pregate per noi.

*San Cadoc di Llancarfan - Abate (21 Settembre)

Martirologio Romano: Nel monastero di Llandcarfan nel Galles meridionale, San Cadóco, abate, sotto il cui nome furono fondati molti monasteri anche in Cornovaglia e in Bretagna.
La leggenda si è talmente impadronita delle vicende della vita di Cadoc, che appare quasi del tutto impossibile dire qualcosa di storicamente certo sulla figura di questo santo del Galles, cui è attribuita la fondazione del celebre monastero di Llancarfan (o Llancarvon; altri, tuttavia, danno come fondatori san Germano e San Dubricio).
Ci sono pervenute due Vitae di Cadoc, redatte tra la fine del sec. XI e l'inizio del XII da due monaci di Llancarfan: Lifris e Caradoc.
Secondo quanto può ricavarsi da questi testi, Cadoc figlio primogenito di Gundleus (Gwynnlliw Filwr o Gundiou il Guerriero), re del Galles meridionale, e di Gladusa (Gwladys), figlia o nipote di san Brychan, nacque verso la fine del sec. V e fu battezzato col nome di Cathmail da un vecchio eremita irlandese, san Meuthi.
A sette anni Cadoc ottenne dai genitori il permesso di porsi sotto la direzione di Meuthi, dal quale ebbe la prima istruzione, e poi abbracciò la vita religiosa, passando alla scuola aperta a Gwent (Monmouthshire) da Tathai, presso cui restò per dodici anni.
Ben presto Cadoc fu in grado di aprire egli stesso una scuola e fondò, verso il 518 sembra, il monastero di Llancarfan («Chiesa dei Cervi»), al quale convennero molti desiderosi di seguire i suoi insegnamenti.
Verso il 523 si recò in Irlanda con alcuni discepoli e, volendo apprendere le sette arti liberali, per tre anni soggiornò nel Lismore sotto la guida di Muchutu.
Tornò poi in patria con molti compagni irlandesi e si recò nel Brecknock, ove era giunto dall'Italia Bachan, retore famoso, dal quale Cadoc volle apprendere il latino secondo il metodo romano.
A quei tempi nel paese infuriava una grave carestia e Cadoc un giorno, seguendo incuriosito un topo che aveva tra le zampe un chicco di grano, scoprì una grande casa sotterranea nella quale era un granaio ben fornito.
L'episodio sembra verisimile perché i Celti usavano servirsi di granai sotterranei, alcuni dei quali, in rovina, sono visibili ancora nel Galles e nel Cornwall. Il grano servì a sfamare i poveri del distretto e il luogo dove era stato trovato, donato da Brychan a Cadoc, prese il nome di Llanspyddid. Cadoc vi edificò un monastero, che lasciò poi a Bachan, per tornare a Llancarfan il cui monastero, però, era stato distrutto.
Cadoc ricostruì chiesa e monastero presso il Severn, a tre miglia da Cowbridge, e vi aprì una scuola alla quale, secondo Giovanni di Tynemouth, studiò anche il grande sant Illtyd. I monaci di Llancarfan, quando non lavoravano nei campi o nei boschi, trascrivevano le Sacre Scritture e altri testi. Per merito di Cadoc, che ebbe anche la gioia di convertire i suoi genitori, il monastero fu risparmiato dalle razzie più volte minacciate contro di esso per diversi motivi (tra l'altro, dai genitori di un giovane che vi era entrato contro la loro volontà).
Cadoc si sarebbe recato in Grecia e a Gerusalemme (544?) per tornare poi a Llancarfan dove, tra gli altri, si dice abbia avuto per discepolo anche Gildas che, però, probabilmente insegnò nel monastero e non vi fu scolaro.
Secondo Caradoc, Gildas e Cadoc si ritirarono nelle isole di Rouech e Echni per sfuggire i fastidi causati dalla loro popolarità; durante le invasioni sassoni i due si rifugiarono in Bretagna, dove Cadoc fondò un monastero in un'isola delle Morbihan: per facilitare l'afflusso dei discepoli Cadoc unì l'isola alla terraferma con un ponte in pietra.
Lasciata poi sotto la guida di Katgwalader la comunità, già divenuta fiorente, tornò in Inghilterra. Ritiratosi a Benevenna (nome romano per Weedon, Northamptonshire), Cadoc vi morì di morte naturale, secondo Caradoc, ucciso da un soldato sassone, secondo Lifris. Colgan e Lanigan danno il 570 come data della morte.
E interessante notare che un ulteriore capitolo è stato aggiunto alle vicende di Cadoc da quanti hanno affrettatamente identificato Benevenna con Beneventum: secondo questi autori, dunque, Cadoc si sarebbe recato in Italia, sarebbe divenuto vescovo di Benevento e vi sarebbe stato martirizzato.
A coronamento di queste fantastiche supposizioni, Cadoc viene identificato con Sophias, martire che figura tra i più antichi vescovi di Benevento.
Venerato in Bretagna, nel territorio di Vannes, nel Léon e nell'antica Cornovaglia, Cadoc è celebrato il 23 gennaio nel priorato di San Michele a Newport e nella cattedrale di Belmont nel Galles.
Il 21 settembre ricorre la sua festa nella diocesi di Vannes, mentre i Bollandisti lo ricordano al 24 gennaio. Cadoc è patrono di Llanspyddid e di altre chiese del Galles e della Bretagna.

(Autore: Faustino Mostardi – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Cadoc di Llancarfan, pregate per noi.

*San Castore di Apt - Vescovo (21 Settembre)

Martirologio Romano: Ad Apt nella Provenza, in Francia, San Cástore, vescovo, che, desideroso di spiegare la vita monastica ai fratelli di un monastero di nuova fondazione, chiese a San Giovanni Cassiano di comporre le celebri «Conferenze» sugli asceti d’Egitto.
Nacque verso la metà del sec. IV. Sebbene sposato, in pieno accordo con la moglie, abbracciò la vita religiosa e  fondò il monastero di Mananque o di San Faustino, presso Cavaillon.
Fu eletto vescovo di Apt in Provenza ed è il primo vescovo di questa città di cui si abbia ricordo; ma la fondazione della sede episcopale di Apt doveva essere più antica, perché era stata rappresentata da un prete e da un esorcista al concilio di Arles nel 314.
Il terminus ante quem della elevazione di Castore al seggio episcopale di Apt è il 13 giugno 419, giorno in cui è datata una lettera del papa Bonifacio I, che ordinava ai vescovi della Gallia e delle sette province, tra cui è nominato Castore, di giudicare il vescovo Massimo di Valenza.
Il Santo Castore intrecciò rapporti epistolari con Giovanni Cassiano, a cui chiedeva consigli in materia di vita monastica, desideroso anche di conoscere gli usi della vita religiosa in Oriente e in Tebaide.
Sebbene avesse letto i dodici libri di istituzioni cenobitiche (De institutis Coenobiorum) di Cassiano, Castore gli chiese di raccogliere in un volume le più celebri conferenze dei Padri del deserto: Cassiano si accinse allora a scrivere le Conferenze.
Castore morì intorno al 426, prima che Cassiano avesse composto i primi sedici capitoli; quando l'opera fu terminata, fu inviata al vescovo di Fréjus, Leonzio, parente prossimo e forse fratello di Castore, e al monaco Elladio.
Prima della Rivoluzione francese la diocesi di Apt lo onorava come uno dei suoi patroni. Mentre in passato la festa in suo onore era celebrata l'11 settembre, attualmente è celebrata il 25 settembre nella diocesi di Avignone e il 2 settembre in quella di Nimes.

(Autore: Gilbert Bataille – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Castore di Apt, pregate per noi.

*Beata Caterina Aliprandi da Asti - Clarissa (21 Settembre)

Asti, 1466 circa – 7 settembre 1529
Caterina nacque verso il 1466 da nobile famiglia astigiana e venne destinata dai genitori al matrimonio con un ricco gentiluomo del posto.
Ancora trentenne, riuscì a convincere il marito a vestire l'abito francescano, consentendole così di poter entrare nel monatero di Santa Chiara in Alessandria.
Nel 1526 fu destinata con cinque consorelle a fondare un nuovo monastero in Asti, che prese il nome di Convento del Gesù.
Qui fece la portinaia, ma ben presto divenne famosa per le profezie ed i miracoli che i devoti iniziarono ad attribuirle.
Come essa stessa avrebbe profetizzato, rimase vittima della peste e morì il 7 settembre 1529, cantando le lodi a Maria, di cui le compagne in quel momento festeggiavano la natività.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Caterina Aliprandi da Asti, pregate per noi.

*San Dadone di Conques - Abate (21 Settembre)

VIII sec.
San Dadone è stato un abate che resse il monastero di Conques, nel dipartimento dell'Aveyron che lui aveva fondato intorno al 755.
Il monastero aveva adottato la regola benedettina.
San Dadone morì eremita a Grandevabrum verso la fine dell’Ottavo secolo.
Non sappiamo nulla circa il suo culto.
In alcuni menologi viene ricordato nel giorno 21 settembre.

(Autore: Mauro Bonato - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - San Dadone di Conques, pregate per noi.

*Beato Eugenio García Pampliega - Sacerdote Trappista, Martire (21 Settembre)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati Martiri Spagnoli Cistercensi della Stretta Osservanza (Trappisti) e di San Bernardo" - Senza data (Celebrazioni singole)
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)
Villagonzalo Pedernales, Spagna, 23 novembre 1902 - Cuesta de las Anguilas, Spagna, 21 settembre 1936

La passione dei monaci trappisti di Viaceli fu preceduta da quella di due confratelli che erano rimasti al monastero.
Infatti il giorno dell'espulsione i banditi marxisti avevano trattenuto con loro due sacerdoti, il segretario padre Eugenio García Pampliega e con lui anche il padre Vincenzo Pastor Garrido, probabilmente nella speranza di poter mettere le mani sul denaro dell'abbazia, che ritenevano ricca.
Le loro investigazioni non dettero però alcun risultato.
Il 21 settembre gli anarchici offrirono ai due padri di accompagnarli in macchina a Santander, ritardando la partenza fino a notte inoltrata, ma a una ventina di chilometri dal monastero li uccisero a colpi di pistola, abbandonandone i cadaveri sul ciglio della strada. Ritrovati il giorno seguente, la gente del posto li seppellì nel cimitero di Rumoroso.
Soltanto nel 1940, dopo essersi accertati di tutte le voci che correvano, i monaci di Viaceli esumarono le due spoglie (sepolte senza cassa, uno sopra l'altro) e le trasportarono al monastero, seppellendole nel chiostro della lettura dietro il seggio abbaziale. Sono stati entrambi beatificati il 3 ottobre 2015.

Giaculatoria - Beato Eugenio García Pampliega, pregate per noi.

*Sant'Eusebio - Martire in Fenicia (21 Settembre)

Etimologia: Eusebio = uomo pio, timorato di Dio, dal greco
Emblema: Palma
Secondo il Martirologio Romano, in cui è commemorato il 21 settembre, e un menologio citato dal
bollandista Stilting che ne tratta alla stessa data, Eusebio si presentò spontaneamente al preside della Fenicia che lo accusava di seguire il gregge di Cristo.
Fu frustato a sangue, sulle ferite sanguinanti venne posto del sale e gli furono inflitti numerosi tormenti per piegarne la volontà, ma senza alcun risultato. Il martire esultava come se fosse il corpo di un altro a soffrire.
Invece, secondo il Sinassario Costantinopolitano, che lo commemora il 23 dello stesso mese, Eusebio non si sarebbe presentato spontaneamente, ma sarebbe stato arrestato e condotto davanti al preside.
Le due narrazioni, come osserva il ricordato bollandista, potrebbero conciliarsi ammettendo che Eusebio potè infatti, andando avanti nella tortura, essere colto dal dolore.

(Autore: Pietro Sfair - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Eusebio, pregate per noi.

*Santi Eusebio, Nestabo, Zenone - Martiri di Gaza (21 Settembre)
† 362
Martirologio Romano: A Gaza in Palestina, santi martiri Eusebio, Néstabo e Zenone, fratelli: al tempo dell’imperatore Giuliano l’Apostata, assaliti dalla folla dei pagani, furono fatti a pezzi e uccisi. Subì con loro il martirio anche san Nestore, che per le ferite ricevute portò poco dopo a termine il suo combattimento.
Santi Eusebio, Ponziano, Vincenzo e Pellegrino, Martiri di Gaza
I tre fratelli Eusebio, Nestabo e Zenone, come il loro cugino Nestore, furono vittime di una sommossa suscitata a Gaza sotto Giuliano l'Apostata (362) dai pagani, che li accusarono di aver distrutto i loro templi e schernito la loro religione.
I resti dei martiri furono affidati a uno dei loro cugini, chiamato Zenone, che costruì in loro onore una basilica fuori della città e ve li depose.
Lo storico Sozomeno ha lasciato un racconto particolareggiato della reazione dei pagani, ma non indica nessuna data di culto.
I menei e i sinassari greci fissano la memoria dei Santi al 21 settembre (si trova altresì al 20 e al 22) e aggiungono alla lista il nome di Bousuris, ma senza precisare il luogo del martirio.
I martirologi occidentali non li conoscono.
Tuttavia, il Baronio li ha introdotti nel Martirologio Romano fissandone arbitrariamente la festa all'8 settembre.

(Autore: Raymond Janin - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Santi Eusebio, Nestabo, Zenone, pregate per noi.

*Santi Francesco Jaccard e Tommaso Tran Van Thien - Martiri (21 Settembre)
Scheda del gruppo a cui appartengono:
"Santi Martiri Vietnamiti" (Andrea Dung Lac e 116 compagni)
+ Vietnam, 20 settembre 1838

Martirologio Romano: Nella fortezza di Quang-Tr? in Annamia, ora Viet Nam, Santi martiri Francesco Jaccard, sacerdote della Società per le Missioni Estere di Parigi, e Tommaso Tr?n Van Thi?n, che, sotto l’imperatore Minh M?ng, subirono per Cristo carcere e percosse e morirono, infine, strangolati.
Rancesco Jaccard
Nacque a Onion (ora dioc. di Annecy) il 6 sett. 1799; compiuti gli studi nei seminari di Mélan e di Chambéry, entrò nel 1821 in quello delle Missioni Estere di Parigi.
Ordinato sacerdote, fu inviato nella missione di Cocincina e, nominato provicario generale, fissò
la sua residenza a Phuong-Ru.
Denunziato da un infido pagano (14 lugl. 1827), quando vide il villaggio circondato dai soldati, riuscì a nascondersi nel folto di un bosco di bambù; ma poi, vedendo inutile ogni scampo e d'altra parte temendo che, non trovandolo, il furore della truppa si scatenasse sui fedeli, usci dal nascondiglio e si consegnò ai soldati.
Condotto a Hué fu incaricato di varie traduzioni e seppe guadagnarsi cosi profondamente la stima degli addetti alla corte, che ottenne di ritornare alla sua attività missionaria, pur continuando ad occuparsi delle eventuali traduzioni richieste. Viveva però sempre in stato di allarme perché la persecuzione in atto non prometteva una vita sicura.
Mentre, infatti, si trovava nel villaggio cristiano di Duong-Son, i pagani del paese vicino di Cai-Lao lo accusarono di avervi condotto i suoi fedeli per rapinarli, cosa del tutto falsa. Ma il prefetto non accettò la sua difesa e ne informò il re, a cui rimise la punizione.
Passato di tribunale in tribunale, fu prima condannato a morte e poi, commutata la pena, all'esilio nella provincia di Ai-Lao (1833), indi a Cam-Ló.
Ma ecco una nuova questione: la scuola aperta dal Candah a Di-Loan suscitò le ire del re, che la fece distruggere, promuovendo, nello stesso tempo, indagini per sapere quale parte vi avesse avuta il Jaccard. I mandarini lo riconobbero innocente, però, senza altre domande, gli intimarono di apostatare; al suo rifiuto gli imposero la canga e le catene, lo trascinarono nella prigione di Quang-Tri, dove trovò il suo futuro compagno di martirio, Tommaso Thien.
Là ebbe a subire molte flagellazioni, fino a non potersi più reggere in piedi. Più tardi gli furono infitte tenaglie ardenti nelle cosce, così da bruciargli le carni fino all'osso; infine, il 20 settembre 1838 subì la morte per strangolamento, assieme al Thien.
I corpi dei martiri furono sepolti in due fosse, l'una accanto all'altra, e nel 1847 le reliquie furono trasportate a Parigi nel seminario delle Missioni Estere. Fu beatificato da Leone XIII il 27 maggio 1900.
Tommaso Thien
Compagno di martirio del p. Jaccard, il Thien aveva solo diciotto anni quando colse la palma del martirio. Nato nel 1820 da famiglia cristiana nel villaggio di Trung-Quang, passò al collegio di Di-Loan, da poco ristabilito dal p. Candalh; ma vi era appena giunto, che fu arrestato con altri cristiani indigeni, tradotto a Quang-Tri e presentato al mandarino, il quale cercò da prima di indurlo all'apostasia con le buone; ma non ottenendo che rifiuti decisi, gli inflisse quaranta colpi
di bambù, che il martire sopportò sorridendo, gli occhi fissi al cielo e in volto la limpida gioia di versare il sangue per la sua fede.
I compagni arrestati con lui a Di-Loan, cedettero alle promesse del mandarino, sperando di ottenere subito la libertà; ma tardando questa a venire, ne incolparono la costanza del Thien e si trasformarono nei più accaniti persecutori insistendo con minacce a che anch'egli imitasse l'esempio del loro tradimento; ma tutto fu inutile.
Il martire, chiuso in prigione, flagellato orribilmente, fu infine condannato a morte per strangolamento; l'esecuzione ebbe luogo il 21 settembre 1838. Il corpo, sepolto a Phan-Bien, presso Quang-Tri, in una fossa accanto a quella del p. Jaccard, vi rimase fino al 1847, quando fu portato in Francia nel Seminario delle Missioni Estere di Parigi. Il Thien fu beatificato da Leone XIII il 27 maggio 1900.

(Autore: Celestino Testore – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Francesco Jaccard e Tommaso Tran Van Thien, pregate per noi.

*San Gerulfo (Gerolfo) di Tronchiennes - Martire (21 Settembre)
Martirologio Romano: A Tronchiennes nella Fiandre, nell’odierno Belgio, san Gerolfo, martire, adolescente.
San Gerulfo (Gérou) era un giovane nobile, figlio dei Signori di Merendrée, Leutgoldo e Ratguera. Venne ucciso a tradimento da un suo parente, suo padrino di Cresima, geloso della pietà che il giovane aveva mostrato nel ricevere il Sacramento dal Vescovo Sant’Eligio di Noyon-Tournai (1 dicembre).
Recatosi il giovane a Gand, all’Abbazia di Mont Blandin, secondo I Piccoli Bollandisti venne ucciso con un colpo di coltello mentre al ritorno sostava in preghiera nella chiesa di Santa Maria a  Tronchiennes; altri lo dicono martire ancora nel viaggio di andata.
Morto nel 750 e sepolto a Mérendrée, nel 915 il suo corpo fu traslato a Drongen di cui è Patrono; nel 923-932, il Vescovo Érard di Noyon-Tournai lo traslò a Tronchiennes.
Dopo questa traslazione fu scritta La Passio su richiesta di San Gerardo di Brogne (3 ottobre): si era intorno al 950. Altri spostamenti delle reliquie avvennero nel 1030, 1072, 1088.
Nel 1257 la testa fu posta separatamente dal corpo ed è l’unica cosa rimasta, essendo state le reliquie disperse dai protestanti.
Alcuni miracoli, di cui il più recente è del 1309, si trovano raccolti in Acta sanct., 21 settembre, t. 6, pp. 268-269, mentre in  Anal. boll., t. 4, 1885, p. 203-206 vi è notizia di miracoli del XIV e XV sec.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - San Gerulfo di Tronchiennes, pregate per noi.

*San Giacomo Chastan - Sacerdote e Martire (21 Settembre)

Scheda del Gruppo cui appartiene:
"Santi Martiri Coreani" (Andrea Kim Taegon, Paolo Chong Hasang e 101 compagni) - 20 settembre
Marcoux, Digne, Francia, 7 ottobre 1803 – Saenamteo, Seul, Corea del Sud, 21 settembre 1839
Jacques-Honoré Chastan fu un sacerdote dell’Istituto delle Missioni Estere di Parigi. Dopo due anni di ministero nella diocesi di Digne, entrò nel Seminario delle Missioni Estere. Desideroso di recarsi in Corea, poté riuscirci solo nel 1835, affiancando il confratello padre Pierre Maubant e il nuovo Vicario di Corea, monsignor Laurent Imbert.
A seguito dell’arresto di quest’ultimo e dei suoi numerosi appelli a consegnarsi alle autorità, per evitare la dispersione del loro gregge, i padri Maubant e Chastan obbedirono.
Uniti al loro Vescovo, subirono il martirio per decapitazione il 21 settembre 1839. Beatificati il 5 maggio 1925, vennero canonizzati il 6 maggio 1984, nel gruppo dei 102 Martiri Coreani.

Martirologio Romano: Presso Sai-Nam-Hte in Corea, passione dei Santi Martiri Lorenzo Imbert, vescovo, Pietro Maubant e Giacomo Chastan, sacerdoti della Società per le Missioni Estere di Parigi, che per salvare la vita di altri cristiani si consegnarono ai soldati e furono trafitti con la spada.
Jacques-Honoré Chastan nacque il 7 ottobre 1803 a Marcoux, un villaggio nei dintorni di Digne. Suo padre si chiamava André-Sébastien Chastan e sua madre Marie-Anne Rougon. Era una famiglia di onesti contadini, che vivevano dei prodotti della terra che coltivavano.
Il giovane Jacques aveva iniziato a lavorare, ma, dopo aver manifestato il desiderio di essere istruito, venne mandato a scuola, verso i dieci anni circa.
Quattro anni dopo, andò in un villaggio vicino per apprendere i primi elementi della lingua latina. Là si fece notare per la sua assidua partecipazione alle celebrazioni in parrocchia, per l’impegno a stare lontano dalle compagnie pericolose, per il contegno e la delicatezza della sua coscienza.
A quindici anni venne iscritto alle superiori a Digne, dove, ancora una volta, fu il suo buon comportamento ad essere degno di nota, anche se non faceva grandi progressi nello studio.
Il desiderio di diventare sacerdote e missionario gli fu messo in cuore dall’esempio, probabilmente raccontato dai suoi familiari, del parroco di Marcoux, che era partito per la Cina nel 1805.
Nel 1820, quindi, proseguì gli studi a Embrun, dove abbracciò lo stato ecclesiastico. Prese ad accostarsi più frequentemente ai sacramenti e imparò l’orazione mentale e l’esercizio di stare costantemente alla presenza di Dio.
Un giorno, in refettorio, venne letta la vita di san Francesco Saverio. Quella lettura lo commosse fino alle lacrime, al pensiero che tanti popoli vivevano ancora senza conoscere Dio. Poco tempo dopo, durante una passeggiata comunitaria, aveva portato con sé un volume delle «Lettere edificanti e curiose» dei Gesuiti in Cina e, passandolo a un amico che voleva dare un’occhiata, affermò: «Condotto dalla mano del Signore, andrò in cerca delle pecore più abbandonate di tutte».
Sul finire del 1822, il giovane Pietro tornò a Digne per frequentare il corso di filosofia. I suoi compagni l’ammiravano per la sua religiosità e per il suo carattere, ma nessuno di essi era a conoscenza dei suoi più profondi e santi desideri. L’anno successivo entrò in Seminario: a quel punto, si sentì libero di sfogare il suo ardore missionario raccontandolo agli amici ed esortandoli a seguirlo. Nella preghiera, pareva totalmente rapito in Dio e ogni tanto si lasciava sfuggire delle esclamazioni d’amore: «Com’è grande Dio! Ma com’è umile!... Com’è bello il Figlio dell’Uomo, com’è amabile!... Mio Dio, quando potrò andare ad annunciarti ai popoli che non ti conoscono?».
Si sentiva certo che Dio lo volesse in Corea, disponibile ad affrontare ogni sorta di disagio come se dovesse svolgere un compito.
Alla fine degli studi in Seminario, andò in pellegrinaggio al santuario di Nostra Signora del Laus. Arrivato in vista della cappella delle apparizioni, si prostrò faccia a terra per onorare, come disse ai suoi compagni di viaggio, la terra resa santa dalla presenza della Vergine Maria.
Man mano che il sacerdozio si avvicinava, il suo zelo per le missioni pareva accrescersi, poco importava se gli si prospettavano sofferenze e sacrifici: era certo che il Signore, chiamandolo
alla missione “ad gentes”, gli avrebbe dato il coraggio di sopportare tutto per amor suo.
In questo spirito, dopo l’ordinazione diaconale, arrivò a gettarsi ai piedi di monsignor Miollis per domandargli il permesso di partire quanto prima per il seminario dell’Istituto per le Missioni Estere di Parigi.
Il prelato, credendo che si comportasse così per eccesso di zelo, glielo negò.
Il diacono, allora, moltiplicò le suppliche e le visite, finché il vescovo non gli concesse l’autorizzazione a partire.
Il 23 dicembre 1826 venne ordinato sacerdote e tre giorni dopo, festa di Santo Stefano, celebrò la sua seconda Messa nel suo villaggio natale. Il 6 gennaio diede l’addio ai suoi familiari, i quali, benché preavvisati, non si aspettavano che l’avrebbe adempiuto così presto.
Padre Maubant si gettò ai piedi della madre per domandarle la sua benedizione, ma lei lo scacciò, dandogli dell’ingrato.
Alzatosi, venne inseguito dalla madre, che moltiplicava le grida e le lacrime; ad un certo punto, nel bel mezzo della campagna, si voltò e tornò a domandarle la benedizione. Nel vederlo così deciso, lei non poté negargli di raccomandarlo a Dio.
Il giorno del suo arrivo a Parigi fu il 13 gennaio 1827. Dopo pochi mesi di prova, ricevette la sua destinazione nel mese di maggio e partì da Bordeaux, insieme a quattro confratelli e a un francescano italiano diretto verso la provincia dello Shensi. Contrariamente a quanto sperava, non venne immediatamente assegnato alla Corea, bensì all’isola di Pinang, come docente al Collège Général, il Seminario Maggiore.
Si occupava dei giovani orientati verso il sacerdozio, ma era molto interessato anche ai numerosi cinesi che abitavano nell’isola: i suoi superiori gli permisero di dedicarsi anche a loro. Durante i corsi per la vita apostolica, non perdeva occasione di pianificare nuove strade per raggiungere quanti più neofiti possibili ed apprendeva continuamente nuove lingue. Oltre a insegnare, fu il quarto parroco della chiesa dell’Immacolata Concezione a Pinang, a partire dal 1830.
Il suo pensiero, comunque, andava spesso alla Corea. Quando venne a sapere che monsignor Barthélémy Bruguière, il suo superiore e Vescovo titolare di Capsa, era stato nominato Vicario Apostolico per quel territorio, si offrì per partire anche lui.
Nel maggio 1833, quindi, tornò a Macao, da cui s’imbarcò a settembre per il Fo-kien e, dopo aver attraversato la Cina e la Manciuria, arrivò alla frontiera coreana. Tuttavia, non trovando nessuno che l’aiutasse a varcarla, si vide costretto a ritirarsi a Pechino.
Nell’attesa che si presentasse un’occasione favorevole, esercitò il ministero nella regione dello Shantung.
Alla fine del 1835 tornò alla frontiera coreana, in attesa dei cristiani che dovevano aiutarlo a varcarla. Finalmente, il 31 dicembre, riuscì a non farsi scoprire dai doganieri grazie all’oscurità della notte e, il 15 gennaio 1837, arrivò a Seul.
Dopo Pasqua era già pronto per andare a visitare le comunità cristiane e poté quindi affiancare il suo confratello padre Pierre-Philibert Maubant, in Corea da due anni. A loro si aggiunse, verso la fine del 1837, il nuovo Vicario Apostolico, successore di monsignor Bruguière, monsignor Laurent Imbert. Mediante il loro intenso lavoro e nonostante le minacce di persecuzioni, il novero dei cristiani toccò cifre inattese: novemila fedeli, tremila in più nel giro di tre anni.
Improvvisamente, nella notte tra il 10 e l’11 agosto 1839, monsignor Imbert venne arrestato. Un suo collaboratore, Andrea Chong Hwagyŏng, aveva ingenuamente dato retta a un delatore, Kim Yo-sang, il quale gli aveva riferito che le autorità avevano deciso di accettare il cattolicesimo come religione e di farsi battezzare. Andrea, tenute a distanza le guardie, corse dal vescovo e gli riferì quanto aveva appreso: lui, intuito che si trattava di una trappola, si dispose a farsi catturare.
Se in un primo tempo monsignor Imbert fu persuaso di dover difendere i missionari, di fronte all’orrore della prigione e alle torture che subivano alcuni suoi collaboratori laici, si vide costretto a ordinare l’estrema ubbidienza ai suoi sacerdoti: consegnarsi alle autorità.
Il 23 agosto, padre Maubant ricevette un secondo messaggio dal vescovo: «Bonus pastor ponit animam suam pro ovibus suis. Si nondum estis profecti per cymbam, venite cum misso Son Kie Tsong» («Il buon pastore dà la vita per le sue pecore. Se non siete ancora partiti in barca, venite con l’inviato Son Kie Tsong»).
Nella notte tra il 5 e il 6 settembre, venne raggiunto da padre Chastan, insieme ad un ultimo appello: «In extremis bonus pastor dat vitam pro ovibus; unde si non-dum profecti estis, venite cum præfecto Son Kie Tsong, sed nullus christianus vos sequatur» («In casi disperati, il buon pastore dà la vita per le pecore: dunque, se non siete ancora partiti, venite col mandarino Son Kie Tsong, ma nessun cristiano vi segua»).
A quel punto, non restava loro che ubbidire: «Andiamo a una festa troppo grande perché ci sia permesso di lasciar entrare nei nostri cuori sentimenti di tristezza», scrisse in una lettera
datata 6 settembre 1839 e indirizzata ai confratelli delle Missioni Estere.
Alcuni giorni più tardi, tutti e tre comparvero insieme di fronte al giudice e vennero interrogati per tre giorni, allo scopo di sapere i nomi e i nascondigli dei loro convertiti. Dato che le torture non li abbattevano, vennero condotti in un’altra prigione e, infine, condannati alla decapitazione.
L’esecuzione avvenne il 21 settembre 1839 a Saenamteo (o Sai-Nam-Hte), non lontano da Seul. I due sacerdoti avevano trentasei anni, il vescovo quarantasette.
I loro corpi rimasero esposti per tre giorni; in seguito, vennero seppelliti alla meglio nella sabbia del luogo dell’esecuzione.
Verso la metà di ottobre, vennero portati via da alcuni cristiani e seppelliti sul monte Nogu, dove venivano posti quelli che non avevano delle proprietà. Più tardi, per evitare che venissero confusi tra migliaia di altre tombe, vennero traslati sul monte Samseongsan, che significa “dei tre santi”, denominazione che esisteva già da prima del diciottesimo secolo.
Il 21 ottobre 1901, la tomba fu aperta, ma i resti erano confusi tra di loro. Portati al seminario di Ryong-san, vennero traslati definitivamente, il 2 novembre 1901, presso la Cattedrale di Seul, nella cui cripta sono stati collocati dal maggio 1903.
Padre Jacques Chastan e i suoi compagni vennero inclusi nei settantanove cristiani beatificati il 9 maggio 1925 e nei centodue canonizzati da papa Giovanni Paolo II il 6 maggio 1984, in piazza Youido a Seul, nell’ambito del viaggio apostolico in Corea, Papua Nuova Guinea, Isole Salomone e Thailandia.
La parrocchia dell’Immacolata a Pinang lo ricorda con un monumento, costituito da un padiglione e da una statua, mentre la diocesi di Digne, che gli diede i natali, nel 2007 gli ha dedicato il complesso di edifici dei quali fa parte il Vescovado.

(Autore: Emilia Flocchini - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - San Giacomo Chastan, pregate per noi.

*San Giona - Monaco in Palestina (21 Settembre)

Moabitide (Mar Morto), VIII sec. - Palestina, IX sec.
Di lui non si sa niente di preciso, ma essendo il padre dei Santi Teodoro e Teofane (i due fratelli Grapti), si può arrivare all’epoca in cui visse.
I due fratelli subirono la persecuzione dei due imperatori iconoclasti Leone V l’Armeno (813-820) e Teofilo (829-842), quindi Giona sarebbe vissuto verso la seconda metà dell’VIII secolo e la prima metà del IX.
La “Bibliotheca Hagiographica Greca” nella ‘Vita’ dei Santi Teodoro e Teofane, non parla dei loro genitori, ma ci dice che essi erano originari della Moabitide, regione ad Est del Mar Morto, quindi anche il loro padre Giona doveva abitare lì, prima di abbandonare il mondo e ritirarsi come i suoi due figli (non si sa se prima o dopo) nella Grande Laura di San Saba, fondata nel 478 in Palestina, nella valle del Cedron, appunto da San Saba, uno dei più grandi personaggi del monachesimo orientale.
Qui egli visse il resto della sua vita in continua ascesi e virtù, divenendo un modello per tutti; morì in età avanzata e seppellito nella Grande Laura.
I sinassari bizantini celebrano la sua memoria il 21 settembre a volte il 22.

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - San Giona - Monaco, pregate per noi.

*San Giona - Profeta (21 Settembre)

VIII secolo a.C.
In data odierna il nuovo Martyrologium Romanum pone la commemorazione di San Giona profeta, figlio di Amittai. A lui è intitolato un libro del Vecchio Testamento e la sua famosa uscita dal ventre del pesce viene vista nel Vangelo come prefigurazione della resurrezione del Signore.
Etimologia: Dall’ebraico Jonah che significa 'colomba'.
Emblema: Balena
Martirologio Romano: Commemorazione di san Giona, profeta, figlio di Amittai, sotto il cui nome è intitolato un libro dell’Antico Testamento; la sua celebre uscita dal ventre di un grosso pesce è interpretata nel Vangelo come prefigurazione della Risurrezione del Signore.
Il re Geroboamo ristabilì i confini di “Israele […] secondo la parola del Signore Dio di Israele, pronunziata per mezzo del suo servo il profeta Giona, figlio di Amittai, di Gat-hefer”.
Così il santo profeta oggi in questione viene citato nel Secondo Libro dei Re (14,25). La vicenda si colloca a Samaria, capitale del regno settentrionale di Israele, nell’VIII secolo a.C., sotto il regno di Geroboamo II, epoca florida ma al tempo stesso colpita anche da ingiustizie sociali. Polemica si alzava la voce del profeta Amos, ma fa capolino anche il profeta Giona il cui nome ebraico Jonah significa in italiano “colomba”.
Il ricordo di Giona è però rimasto ben fisso nella memoria popolare grazie a quell’immenso cetaceo, la balena, da cui sarebbe stato inghiottito. La storia dell’arte si è sfogata al riguardo con un’infinità raffigurazioni, a partire dalle catacombe di San Callisto a Roma (II secolo) sino alla recentissima cappella Redemptoris Mater in Vativano (fine XX secolo). Occorre in realtà notare che il libro biblico a noi giunto con il suo nome non costituisce che una sorta di tarda parabola scritta a posteriori.
Essa ha posto al centro della scena l’antico profeta d’Israele presentandolo con un tocco ironico quale uomo lamentoso, pauroso, preoccupato dei suoi problemi e renitente alla chiamata di Dio.Giona fu infatti inviato da Dio a predicare a Ninive, grande capitale orientale assira, ma egli preferì invece imbarcarsi per Tarsis, lontano centro occidentale, forse identificabile con Gibilterra o con la Sardegna.
Il mare burrascoso ed il mostro marino che lo inghiottì simboleggiano la morte, una dura prova,
ma anche infine una sorta di liberazione. Purificata la sua anima, il profeta dovette rassegnarsi a recarsi a Ninive ed il successo della sua missione è così descritto: “I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo. Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si impietosì. […]” (3,5.10).La vicenda di Giona non termina però qui.
Infatti questo profeta un po’ petulante ebbe ancora a trovare di che lamentarsi. Sostando quietamente sotto un frondoso albero di ricino, in cuor suo macinava di acredine aspettandosi che i niniviti, nemici di Israele, non si sarebbero convertiti, tanto da scatenare la collera e la giustizia divina anziché il perdono.
Un verme si attaccò allora alle radici dell’albero e lo fece inaridire. Cadute le foglie, il sole prese a battere sul capo di Giona e si sollevò per di più il caldo vento del deserto.E’ facilmente immaginabile la protesta di questo poveruomo, adirato con tutti, compreso Dio.
La voce di quest’ultimo risuonò però nuovamente forte e chiara, svelando la lezione di questa parabola, attacco ad ogni forma di grettezza, chiusura, integralismo e razzismo ed al tempo stesso celebrazione della volontà divina di salvezza per ogni creatura: “Tu ti dai pena per quella pianta di ricino ed io non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono più di centoventimila persone ed una grande quantità di animali?” (4,10-11).
Il libro biblico intitolato a Giona vuole dunque essere un’esaltazione della misericordia divina, più che della vita di Giobbe.
Eppure, all’alba del III millennio dell’era cristiana, ancora il nuovo Martyrologium Romanum riporta in data 21 settembre il ricordo come santo di questo personaggio vetero-testamentario: “Commemorazione di San Giona profeta, figlio di Amittai, con il suo nome viene chiamato un libro del Vecchio Testamento, e la famosa uscita dal ventre del pesce viene vista nel Vangelo come segno della resurrezione del Signore”.

(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - San Giona, pregate per noi.

*Beato José Azurmendi Larrìnaga - Sacerdote Francescano, Martire (21 Settembre)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
“Beati Martiri Spagnoli Frati Minori di Granada” Beatificati nel 2007 - Senza data (Celebrazioni singole)
“Beati 498 Martiri Spagnoli Beatificati nel 2007” (6 novembre)
“Martiri della Guerra di Spagna” - Senza Data (Celebrazioni singole) - 18 agosto 1870 - 21 settembre 1936
Nacque a Durango, in diocesi di Viteria, il 18 agosto 1870 e fu subito battezzato perché sembrava che per lui vi fosse pericolo di vita.
Il 30 luglio 1878 venne cresimato nella chiesa parrocchiale di Durango dall’ Ordinario diocesano Mons. Sebastiàn Herrero y Espinosa.
Entrato molto giovane con suo fratello gemello Agapito, che tuttavia non perseverò, nel collegio di Chipiona, vi intraprese gli studi umanistici finché il 31 gennaio 1887 vestì l’abito francescano.
Terminato l’anno di prova, fece la professione dei voti semplici il 23 febbraio dell’anno successivo e quella dei voti solenni il 22 luglio 1891 nelle mani del rettore del collegio, padre Vicente Ribes.
Seguirono la tonsura e gli ordini minori il 16 ottobre 1892, il suddiaconato il 23 dicembre 1893, il diaconato il 9 marzo 1895 ed il presbiterato il 30 maggio 1896 dalle mani del Beato Card. Marcelo Espìnola, arcivescovo di Siviglia.
Delicato di salute, padre José rimase alcuni anni nel collegio della Regola, quando però giunse il momento di fondare il convento di Fuenteobejuna fu nel primo gruppetto lì inviato.
In seguito, nel febbraio del 1900, partì per la missione di Terra Santa dove fu di famiglia nel convento del Santo Sepolcro e poi in quelli di Betlemme, Hain Carem e Nazaret, dedito al culto dei santuari e ad guidare i pellegrini che visitavano la Terra Santa.
Il 31 luglio 1902 fu nominato maestro degli studenti a Betlemme, da qui passò al noviziato di Nazaret del quale fu nominato secondo maestro nel 1907, ufficio che disimpegnò per breve
tempo giacché nel settembre dello stesso anno fu nominato presidente dell’ospizio del Roseto presso Alessandria d’Egitto e, da qui, a Damietta con lo stesso incarico nel luglio del 1908.
Padre José tornò in Spagna nell’estate del 1913, reintegrandosi nel suo collegio di Chipiona, da dove fu destinato a svariati conventi.
Dal 25 agosto 1922 al 21 novembre 1925 fu consigliere del Commissariato francescano provinciale, in questo stesso mese si trasferì a Puente Genil; nel gennaio 1929 fu destinato a Lebrija, poi a Coin dove fu vicario fino all’incendio dei conventi nel maggio 1931.
Dopo aver svolto l’ufficio di cappellano a Sanlùcar de Barrameda nel convento delle clarisse nel 1932, ritornò a Lebrija nel settembre dello stesso anno. Il 4 gennaio 1934 fu eletto per la seconda volta vicario del convento di Coin, da dove ritornò di nuovo a Lebrija, partendo da quest’ultima città i primi giorni di luglio del 1936 verso la sua ultima destinazione: Fuenteobejuna.
Per essersi rifiutato di bestemmiare venne ucciso a mezzogiorno del 21 settembre 1936 nel patio del carcere di Azuaga; aveva 66 anni di età, 49 di vestizione dell’abito e 40 di sacerdozio. Fu il primo dei sette martiri di questo gruppo.

(Fonte: www.ofm.org)
Giaculatoria - Beato José Azurmendi Larrìnaga, pregate per noi.

*San Landelino di Ettenheim - Eremita e Martire (21 Settembre)

Martirologio Romano: Nel monastero di Ettenheim nel Baden, in Germania, San Landelino, monaco, originario dell’Irlanda.
San Landelino di Ettenheim, eremita e martire non va confuso con l’omonimo Abate di Lobbes, ricordato al 15 giugno.
Il Santo di Ettenheim era originario della Scozia e, secondo la tradizione del Monastero di Ettenheim, nato da stirpe nobile che discendeva da antichi Sovrani di quel paese.
Spinto da zelo missionario, giunse in Alsazia e da qui poi in quella parte della diocesi di Strasburgo chiamata Ortenau, oggi nella diocesi di Friburgo, luogo desolato e ricettacolo di
ladri e assassini.
Ospitato per qualche tempo da un povero contadino di nome Idulfo, più tardi si ritirò in una piccola valle dove poter pregare in solitudine; non si hanno notizie dettagliate di quel periodo che resta indeterminato anche come durata.
Fu ucciso da un cacciatore che, scambiatolo per un brigante, l’assassinò senza indugio abbandonandone il cadavere durante il VII sec. Ritrovato dalla moglie di Idulfo.
I suoi resti furono sepolti a mezza lega dal luogo dell’omicidio, dove poi crebbe il villaggio di Munschweiler che conserva ancora il sepolcro di San Landelino dietro l’altare maggiore della Parrocchiale.
Molti miracoli avvennero sulla tomba del Santo. Sull’eremo del Santo, divenuto luogo di pellegrinaggio, fu costruita una chiesa; molti solitari si stabilirono nei dintorni, trasformando quel luogo malfamato in un luogo di Grazia e di Fede.
Spinto dagli eventi il Vescovo Widegern fondò un Monastero presso la tomba del Santo, assegnandogli rendite della Cattedrale; la chiesa fu dedicata alla Vergine, a San Giovanni Battista e a S. Pietro e il Monastero assunse il nome di “Cella monachorum” che divenne il nome del villaggio.
Caduto in oblio col successore di Widegern, fu ristabilito dal Vescovo Eddo (Heddon) che lo trasferì dandogli il nome di Ettenheimmunster: è stato soppresso definitivamente dalla Rivoluzione.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - San Landelino di Ettenheim, pregate per noi.

*San Lorenzo Imbert - Vescovo e Martire (21 Settembre)

Scheda del Gruppo a cui appartiene:
"Santi Martiri Coreani" (Andrea Kim Taegon, Paolo Chong Hasang e 101 compagni) - 20 settembre
Marignane, Francia, 23 marzo 1796 – Saenamteo, Seul, Corea del Sud, 21 settembre 1839
Laurent-Joseph-Marius Imbert, Vicario apostolico di Corea e vescovo titolare di Capsa, fu il primo vescovo a metter piede in Corea, dopo viaggi lunghi e travagliati. Si diede a un’intensa attività apostolica, coadiuvato dai sacerdoti Jacques-Honoré Chastan e Pierre-Philibert Maubant. Condivise con essi anche il martirio, il 21 settembre 1839, dopo essere stato involontariamente tradito dal catechista Andrea Chong Hwagyŏng, ingannato da un delatore. È stato canonizzato da Papa Giovanni Paolo II il 6 maggio 1984, inserito nel gruppo dei 102 martiri coreani.
Martirologio Romano: Presso Sai-Nam-Hte in Corea, passione dei santi martiri Lorenzo Imbert, vescovo, Pietro Maubant e Giacomo Chastan, sacerdoti della Società per le Missioni Estere di Parigi, che per salvare la vita di altri cristiani si consegnarono ai soldati e furono trafitti con la spada.
Laurent-Joseph-Marius Imbert nacque il 23 marzo 1796, nella fattoria Bricart, a Marignane, nel dipartimento francese di Bouches-du-Rhone. I suoi genitori solitamente abitavano nella frazione di Callas, nel comune di Cabriès, nel medesimo dipartimento.
Compì i suoi studi ad Aix-en-Provence, nel pensionato delle Suore del Ritiro Cristiano: per mantenersi e potersi comprare dei vestiti nuovi, si dice che confezionasse corone del Rosario.
Dopo alcuni anni al Seminario Maggiore di Aix, entrò nel Seminario delle Missioni Estere di Parigi l’8 ottobre 1818. Il 5 marzo 1819 venne incardinato nella diocesi di Parigi e, il 18 dicembre dello stesso anno, ordinato sacerdote con dispensa sull’età, accordatagli da un indulto del 18 novembre precedente. Il 10 gennaio 1820, benché fosse Aspirante, venne chiamato a prendere parte alle elezioni interne al Seminario, per raggiungere il numero di cinque elettori previsto dalla Regola. Partì per il Sichuan il 20 marzo 1820.
Rimase per un po’ di tempo a Singapore, perché il vescovo Esprit-Marie-Joseph Florens, Vicario apostolico del Siam, vi desiderava impiantare una missione, ma non era sicuro della situazione nell’isola, quindi padre Imbert vi venne inviato a controllare. Sbarcò a Singapore l’11 dicembre 1821: probabilmente, fu il primo sacerdote che vi celebrò Messa e si occupò dei cattolici del luogo. Arrivato a Penang, in Malesia, gli venne chiesto di sostituire un insegnante del Collège general, il Seminario interdiocesano: vi rimase dall’aprile 1821 al gennaio 1822.
Quando, il 10 febbraio 1822, giunse a Macao, la via diretta per il Sichuan era chiusa: passò in Cocincina e soggiornò due anni nel Tonchino, amministrando alcune comunità cristiane.
Soltanto nel marzo 1825 poté raggiungere la sua destinazione missionaria, passando per lo Yunnan. Nei dodici anni trascorsi nel Sichuan si distinse per il suo zelo nelle attività e lo spirito di sopportazione nelle malattie. Fu inoltre il primo superiore del seminario di Moupin.
Dopo aver saputo che la Congregazione di Propaganda Fide aveva suggerito alle Missioni Estere di occuparsi della Corea, si offrì volontario immediatamente, per contribuire all’evangelizzazione della zona. Quando monsignor Barthélémy Bruguière, nominato Vicario Apostolico di Corea, morì proprio alla frontiera del Paese, nel novembre 1835, la sua offerta venne accettata.
Nominato suo successore e Vescovo titolare di Capsa il 26 aprile 1836, ricevette la consacrazione vescovile il 14 maggio 1837. Il 17 agosto successivo, lasciò il Sichuan, e alla fine di ottobre arrivò a Sivang in Tartaria (odierna Manciuria), da lì raggiunse Moukden e, nella notte del 18 dicembre, varcò felicemente la frontiera coreana.
Il 30 si trovò a Seul per imparare la lingua e, tre mesi più tardi, fu in grado di ascoltare le confessioni dei fedeli. Nel corso della sua evangelizzazione, che accrebbe il novero dei cattolici nonostante le numerose vessazioni, preparò tre candidati al sacerdozio.
Coadiuvato da altri due sacerdoti francesi, Jacques-Honoré Chastan e Pierre-Philibert Maubant, che l’avevano preceduto sul territorio, lavorò intensamente.
Era il primo vescovo a metter piede in Corea, a sei anni dall’istituzione del Vicariato Apostolico e a cinquantadue dalla fondazione della Chiesa cattolica in quel luogo. Quando padre Maubant aveva intrapreso la sua opera nel 1836, i cattolici coreani erano circa seimila, ma nel giro di tre anni si accrebbe di tremila persone.
Un saggio dell’attività del vescovo Imbert è visibile in una lettera del 1838:
«Sono esausto dalla fatica e sono esposto a grandi pericoli. Ogni giorno mi alzo alle due. Alle tre chiamo le persone di casa per la preghiera, e alle tre e mezza comincia il mio ministero con
l’amministrazione del battesimo se ci sono catecumeni, o per la confermazione. Seguono la Santa Messa, la comunione, il ringraziamento. Le persone, da quindici a venti, che hanno ricevuto i sacramenti, possono anche ritirarsi durante il giorno.
Nel corso della giornata entrano, uno ad uno, per confessarsi e non escono che l’indomani mattina dopo la comunione.
Non resto che due giorni in ciascuna casa dove raduno i cristiani e, prima che il giorno trascorra, passo in un’altra casa. Patisco molto la fame perché, dopo essermi alzato alle due e mezza, aspettare fino a mezzogiorno un pranzo cattivo e scarso con un nutrimento poco sostanzioso, sotto un clima freddo e secco, non è cosa facile. Dopo il pranzo mi riposo un po’, in seguito tengo lezione di teologia ai miei allievi, e poi ascolto ancora qualche confessione fino a notte. Vado a dormire alle nove, sulla terra coperta di un natte e di un tappeto di lana tartara. In Corea non ci sono né letti né materassi.
Con un corpo debole e malaticcio, ho sempre condotto una vita laboriosa e parecchio occupata. Ma qui penso di esser giunto al superlativo, al “nec plus ultra” di lavoro. Voi penserete davvero che con una vita così faticosa noi non abbiamo affatto paura del colpo di sciabola che la deve terminare. Nonostante tutto, ciò mi fa bene: questo paese secco e freddo è adatto al mio temperamento».
Dal 20 dicembre 1838 al 30 gennaio 1839 visitò le comunità cristiane vicine a Seul, ma si dovette fermare sul monte Suri. Nel mese di febbraio, dato che la persecuzione sembrava riprendere, si diede premura di amministrare i cristiani della capitale.
Nel mese di giugno, molto stanco, si rifugiò a Suwon, dove il catechista Andrea Chong Hwagyŏng  gli aveva trovato un rifugio sicuro presso l’abitazione dell’amico Andrea Son.
Un giorno, il catechista venne raggiunto da un uomo, Kim Yo-sang, che gli diede una felice notizia: i funzionari governativi avevano deciso di terminare le persecuzioni anticristiane e volevano ricevere il Battesimo per mano del vescovo Imbert, quindi avevano bisogno di sapere dove si trovasse.
Nella notte tra il 10 e l’11 agosto, all’una, andò a casa di Andrea Son e riferì ingenuamente al vescovo quello che gli era stato raccontato. Imbert capì che si trattava di un tranello, ma non scappò: per evitare problemi alla sua gente, decise di consegnarsi a coloro che vennero ad arrestarlo. L’indomani, dopo aver celebrato la Messa, si dispose ad essere catturato, non prima di aver scritto un biglietto ai padri Chastan e Maubant:
«Miei cari confratelli, Dio sia benedetto, e che la sua santissima volontà sia fatta. Non c’è più mezzo di arretrare. Non sono più le spie che vengono mandate a cercarci, ma i cristiani. Andrea Chong è arrivato all’una di notte… Gli hanno raccontato le più belle meraviglie e il povero Chong ha promesso di chiamarmi… Pertanto nascondetevi bene fino a nuovo avviso, se posso darvelo. Pregate per me».
L’indomani venne condotto a Seul, dove venne messo in carcere e subì il supplizio della curvatura delle ossa. Seguì l’interrogatorio:
«Perché siete venuto qui?».
«Per salvare le anime».
«Quante persone avete istruito?».
«Circa duecento».
«Rinnegate Dio».
A quelle parole, il vescovo, fremente di disgusto, alzò la voce e ribatté: «No, non posso rinnegare il mio Dio».
Comprendendo che non avrebbe ottenuto nulla, il giudice ordinò di farlo bastonare e riportare in prigione.
Se in un primo tempo monsignor Imbert era persuaso di dover difendere i missionari, di fronte all’orrore della prigione e alle torture che subivano i suoi collaboratori laici Carlo Cho Shin Ch’ol, Paolo Chong Ha-Sang e Agostino Yu Chin-Kil, si vide costretto a ordinare l’estrema ubbidienza ai suoi sacerdoti: consegnarsi alle autorità.
Il 23 agosto, padre Maubant ricevette un secondo messaggio dal vescovo: «Bonus pastor ponit animam suam pro ovibus suis. Si nondum estis profecti per cymbam, venite cum misso Son Kie Tsong» («Il buon pastore dà la vita per le sue pecore. Se non siete ancora partiti in barca, venite con l’inviato Son Kie Tsiong»).
Nella notte tra il 5 e il 6 settembre, venne recapitato ai missionari il suo ultimo appello: «In extremis bonus pastor dat vitam pro ovibus; unde si non-dum profecti estis, venite cum præfecto Son Kie Tsong, sed nullus christianus vos sequatur» («In casi disperati, il buon pastore dà la vita per le pecore: dunque, se non siete ancora partiti, venite col mandarino Son Kie Tsong, ma nessun cristiano vi segua»).
Alcuni giorni più tardi, tutti e tre comparvero insieme di fronte al giudice e vennero interrogati per tre giorni, allo scopo di sapere i nomi e i nascondigli dei loro convertiti. Dato che le torture non li abbattevano, vennero condotti in un’altra prigione e, infine, condannati alla decapitazione.
L’esecuzione avvenne il 21 settembre 1839 a Saenamteo (o Sai-Nam-Hte), non lontano da Seul. I due sacerdoti avevano trentasei anni, il vescovo quarantasette. I loro corpi rimasero esposti per tre giorni; in seguito, vennero seppelliti alla meglio nella sabbia del luogo dell’esecuzione.
Verso la metà di ottobre, i corpi vennero portati via da alcuni cristiani e seppelliti sul monte Nogu, dove venivano posti quelli che non avevano delle proprietà.
Più tardi, per evitare che venissero confusi tra migliaia di altre tombe, vennero traslati sul monte Samseongsan, che significa “dei tre santi”, denominazione che esisteva già da prima del diciottesimo secolo.
Il 21 ottobre 1901, la tomba fu aperta, ma i resti erano confusi con quelli di Maubant e Chastan. Portati al seminario di Ryong-san, vennero traslati definitivamente, il 2 novembre 1901, presso la Cattedrale di Seul, nella cui cripta sono stati collocati dal maggio 1903. I teli serviti per la sepoltura sono conservati presso la Sala dei Martiri del Seminario delle Missioni Estere, mentre altre reliquie sono state collocate nella Cattedrale del Buon Pastore a Singapore, che prese il nome proprio dall’ultimo biglietto del vescovo martire.
Il decreto per l’introduzione della causa di beatificazione del vescovo Imbert risale al 24 settembre 1857. Insieme ai suoi compagni di martirio, ad Andrea Chong Hwagyŏng, Carlo Cho Shin Ch’ol, Paolo Chong Ha-Sang e Agostino Yu Chin-Kil, fu incluso nei settantanove cristiani beatificati il 9 maggio 1925 e nei centodue canonizzati da papa Giovanni Paolo II il 6 maggio 1984, in piazza Youido a Seul, nell’ambito del viaggio apostolico in Corea, Papua Nuova Guinea, Isole Salomone e Thailandia.
(Autore: Emilia Flocchini - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - San Lorenzo Imbert, pregate per noi.

*Santi Lorenzo Imbert, Pietro Maubant e Giacomo Chastan - Martiri (21 Settembre)
Scheda del gruppo a cui appartengono:
“Santi Martiri Coreani” (Andrea Kim Taegon, Paolo Chong Hasang e 101 compagni)

Martirologio Romano: Presso Sai-Nam-Hte in Corea, passione dei Santi martiri Lorenzo Imbert, vescovo, Pietro Maubant e Giacomo Chastan, sacerdoti della Società per le Missioni Estere di Parigi, che per salvare la vita di altri cristiani si consegnarono ai soldati e furono trafitti con la spada.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Lorenzo Imbert, Pietro Maubant e Giacomo Chastan, pregate per noi.

*Beato Marco da Modena - Domenicano (21 Settembre)
Moncogno ? - Pesaro, 1498

Marco da Modena, nato a Moncogno nella prima metà del XV secolo dalla nobile famiglia degli Scalabrini, va annoverato tra i grandi predicatori che sorsero tra i Domenicani in quel secolo. Prese l'abito religioso nella sua città natale. Dotato di eloquenza persuasiva, predicò instancabilmente in diverse città d'Italia.
Fu priore del Convento di Pesaro, che guidò con fermezza ma anche saggezza, facendosì conoscere non solo tra i confratelli ma anche tra i fedeli. Una volta una donna si gettò ai suoi piedi supplicandolo di richiamare alla vita il suo bimbo appena morto.
Padre Marco si raccolse in preghiera e poi rispose alla donna di non desiderare che il figlio tornasse in vita, perché non sarebbe vissuto molto, incontrando una morte penosa.
Poiché la madre insisteva, con l'intercessione del Padre, ottenne da Dio quanto essa chiedeva, ma come le era stato predetto da Marco, il fanciullo giunto all'età di quattordici anni morì di
peste.
Marco morì a Pesaro il 21 settembre 1498. Attualmente i suoi resti sono collocati nella chiesa di San Domenico a Modena. Pio IX ne ha confermato il culto nel 1857. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Pesaro, Beato Marco da Modena Scalabrini, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, che riuscì a ricondurre molti fuorviati sulla via della giustizia.
Marco da Modena, nato a Moncogno nella prima metà del XV° secolo dalla nobile famiglia degli Scalabrini, va annoverato tra i grandi predicatori che sorsero tra i Domenicani in quel secolo. Prese il santo Abito nella sua città natale.
Fu anima di grande preghiera e di austera penitenza che lo disposero mirabilmente ad acquistare la sacra scienza. Ebbe il dono di una eloquenza persuasiva, che non diceva soltanto belle cose, ma andava diritta ai cuori e li piegava al bene.
Acceso del fuoco dello Spirito Santo predicò con immenso frutto nelle diverse città d’Italia, senza mai rallentare in questo sacro ministero tutto proprio dell’Ordine. Fu Priore del Convento di Pesaro, che governò da santo, unendo la fermezza alla più grande mansuetudine, facendosi, come dice nella Regola Sant’Agostino, “più amare che temere”. E si fece amare non solo dai suoi confratelli, ma anche dal popolo che ricorreva a lui con immensa fiducia.
Una volta una donna si gettò ai suoi piedi supplicandolo di richiamare alla vita il suo bimbo appena morto. Padre Marco si raccolse in preghiera e poi rispose alla donna di non desiderare che il figlio tornasse in vita, perché non sarebbe vissuto molto, incontrando una morte penosa con l’incertezza di andare salvo, se avesse continuato a vivere.
Insistendo la madre, con molte lacrime, con l’intercessione del Padre, ottenne da Dio quanto essa chiedeva, ma come le era stato predetto da Marco, il fanciullo giunto all’età di quattordici anni morì di peste con grande afflizione dei genitori.
Marco morì a Pesaro il 21 settembre 1498.
Il suo sepolcro, anche durante le varie traslazioni, è sempre stato illustrato da Dio con grandi prodigi. Attualmente i suoi resti sono collocati nella chiesa di San Domenico a Modena. Il Beato Papa Pio IX il 10 settembre 1857 ha confermato il culto.

(Autore: Franco Mariani – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Marco da Modena, pregate per noi.

*San Matteo - Apostolo ed Evangelista (21 Settembre)

I secolo dopo Cristo
Matteo, chiamato anche Levi, viveva a Cafarnao ed era pubblicano, cioè esattore delle tasse.
Seguì Gesù con grande entusiasmo, come ricorda San Luca, liberandosi dei beni terreni.
Ed è Matteo che nel suo vangelo riporta le parole Gesù: "Quando tu dai elemosina, non deve sapere la tua sinistra quello che fa la destra, affinché la tua elemosina rimanga nel segreto... ".
Dopo la Pentecoste egli scrisse il suo vangelo, rivolto agli Ebrei, per supplire, come dice Eusebio, alla sua assenza quando si recò presso altre genti.
Il suo vangelo vuole prima di tutto dimostrare che Gesù è il Messia che realizza le promesse dell' Antico Testamento, ed è caratterizzato da cinque importanti discorsi di Gesù sul regno di Dio. Probabilmente la sua morte fu naturale, anche se fonti poco attendibili lo vogliono martire di Etiopia.

Patronato: Banchieri, Contabili, Tasse
Etimologia: Matteo = uomo di Dio, dall'ebraico
Emblema: Angelo, Spada, Portamonete, Libro.
Martirologio Romano: Festa di San Matteo, Apostolo ed Evangelista, che, detto Levi, chiamato da Gesù a seguirlo, lasciò l’ufficio di pubblicano o esattore delle imposte e, eletto tra gli Apostoli, scrisse un Vangelo, in cui si proclama che Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo, ha portato a compimento la promessa dell’Antico Testamento.
Non si capisce subito il disprezzo per i pubblicani, ai tempi di Gesù, nella sua terra: erano esattori di tasse, e non si detesta qualcuno soltanto perché lavora all’Intendenza di finanza.
Ma gli ebrei, all’epoca, non pagavano le tasse a un loro Stato sovrano e libero, bensì agli occupanti Romani; devono finanziare chi li opprime.
E guardano all’esattore come a un detestabile collaborazionista.
Matteo fa questo mestiere in Cafarnao di Galilea.
Col suo banco lì all’aperto. Gesù lo vede poco dopo aver guarito un paralitico.
Lo chiama.
Lui si alza di colpo, lascia tutto e lo segue.
Da quel momento cessano di esistere i tributi, le finanze, i Romani. Tutto cancellato da quella parola di Gesù: "Seguimi".
Gli evangelisti Luca e Marco lo chiamano anche Levi, che potrebbe essere il suo secondo nome.
Ma gli danno il nome di Matteo nella lista dei Dodici scelti da Gesù come suoi inviati: “Apostoli”.
E con questo nome egli compare anche negli Atti degli Apostoli.
Pochissimo sappiamo della sua vita. Ma abbiamo il suo Vangelo, a lungo ritenuto il primo dei quattro testi canonici, in ordine di tempo.
Ora gli studi mettono a quel posto il Vangelo di Marco: diversamente dagli altri tre, il testo di Matteo non è scritto in greco, ma in lingua “ebraica” o “paterna”, secondo gli scrittori antichi.
E quasi sicuramente si tratta dell’aramaico, allora parlato in Palestina.
Matteo ha voluto innanzitutto parlare a cristiani di origine ebraica.
E ad essi è fondamentale presentare gli insegnamenti di Gesù come conferma e compimento della Legge mosaica. Vediamo infatti – anzi, a volte pare proprio di ascoltarlo – che di continuo egli lega fatti, gesti, detti relativi a Gesù con richiami all’Antico Testamento, per far ben capire da dove egli viene e che cosa è venuto a realizzare.
Partendo di qui, l’evangelista Matteo delinea poi gli eventi del grandioso futuro della comunità di Gesù, della Chiesa, del Regno che compirà le profezie, quando i popoli "vedranno il Figlio dell’Uomo venire sopra le nubi del cielo in grande potenza e gloria" (24,30).
Scritto in una lingua per pochi, il testo di Matteo diventa libro di tutti dopo la traduzione in greco.
La Chiesa ne fa strumento di predicazione in ogni luogo, lo usa nella liturgia.
Ma di lui, Matteo, sappiamo pochissimo.
Viene citato per nome con gli altri Apostoli negli Atti (1,13) subito dopo l’Ascensione al cielo di Gesù. Ancora dagli Atti, Matteo risulta presente con gli altri Apostoli all’elezione di Mattia, che prende il posto di Giuda Iscariota.
Ed è in piedi con gli altri undici, quando Pietro, nel giorno della Pentecoste, parla alla folla, annunciando che Gesù è "Signore e Cristo".
Poi, ha certamente predicato in Palestina, tra i suoi, ma ci sono ignote le vicende successive. La Chiesa lo onora come martire.

(Autore: Domenico Agasso – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Matteo, pregate per noi.

*Santa Maura di Troyes (21 Settembre)

La Santa francese Maura di Troyes era di famiglia nobile. Religiosissima fin da piccola, convinse il padre ad approfondire la vita di fede sotto laguida del vescovo Prudenzio.
Il fratello si era fatto prete e lei ereditò una cospicua fortuna che spese per i poveri e per la Chiesa. Maura morì a soli 23 anni intorno all'850. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Troyes sulla Senna in Francia, Santa Maura, vergine, assidua nelle opere di pietà e di carità.
Esiste una Vita contemporanea di Santa Maura, breve ma attendibile, scritta da San Prudenzio di Troyes (6 aprile), che basa il suo racconto sulle conversazioni con la madre, e narra che sin da tenera età Maura, nata nel 827, condusse una vita intensa di preghiera completamente incentrata su Dio.
Con la preghiera e l'esempio, sebbene fosse ancora una bambina, convertì il padre, Maurano, e sembra che con la carità e la devozione abbia spinto il fratello, Eutropio, a diventare sacerdote
e successivamente vescovo di Troyes.
Maura stessa continuò a vivere in famiglia, dove trascorreva il tempo pregando, accudendo alla madre Sedulia, e assistendo attraverso la Chiesa i poveri e i bisognosi.
La sua vita era accuratamente pianificata per svolgere ogni attività, e costellata puntualmente da atti di penitenza: digiunava ogni mercoledì e venerdì, per esempio, e talvolta camminava scalza per tre o quattro chilometri che la separavano dall'abbazia di Mantenay, giacché l'abate era sua guida spirituale.
Maura era molto cauta nel non attrarre l'attenzione sui suoi doni, anche se si diceva fossero avvenuti miracoli grazie alle sue preghiere.
Morì il 21 settembre 850, all'età di soli ventitrè anni, e fu sepolta nel Paese di Château-Nore-de-Troyes.

(Autore: Luca Pellegrini - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - anta Maura di Troyes, pregate per noi.

*San Panfilo di Roma - Martire (21 Settembre)

Martirologio Romano: A Roma sulla via Salaria antica, San Panfilo, martire.
Le più antiche ed uniche fonti che lo ricordano sono gli Itinerari del secolo VII, che indicano il suo sepolcro in un cimitero della via Salaria vecchia (ingresso presso l'odierna via Paisiello) riscoperto e scientificamente illustrato da Enrico Josi.
Del santo non esiste alcuna notizia biografica per cui è impossibile stabilire chi fosse e quando sia stato martirizzato.
Usuardo lo inserì nel suo Martirologio al 21 settembre, traendolo probabilmente dal Martirologio di Gellone, da cui è passato nel Romano.
Secondo una tradizione non controllabile il suo corpo sarebbe stato trasportato nella chiesa di San Silvestro in Capite.

(Autore: Agostino Amore - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - San Panfilo di Roma, pregate per noi.

*San Pietro Maubant - Sacerdote e Martire (21 Settembre)
Scheda del Gruppo a cui appartiene:
"Santi Martiri Coreani" (Andrea Kim Taegon, Paolo Chong Hasang e 101 compagni) - 20 settembre

Vassy, Francia, 20 settembre 1803 – Saenamteo, Corea del Sud, 21 settembre 1839
Pierre Philbert Maubant fu un sacerdote dell’Istituto delle Missioni Estere di Parigi. Dopo due anni di ministero in patria, entrò nel Seminario delle Missioni Estere e fu destinato in Cina, ma, col permesso dei superiori, cambiò destinazione, per accompagnare il Vicario Apostolico di Corea. Rimasto da solo, intraprese l’attività missionaria, affiancato in seguito dal confratello padre Jacques Chastan e dal nuovo Vicario di Corea, monsignor Laurent Imbert.
A seguito dell’arresto di quest’ultimo e dei suoi numerosi appelli a consegnarsi alle autorità, per evitare la dispersione del loro gregge, i padri Maubant e Chastan obbedirono.
Uniti al loro Vescovo, subirono il martirio per decapitazione il 21 settembre 1839. Beatificati il 5 maggio 1925, vennero canonizzati il 6 maggio 1984, nel gruppo dei 102 Martiri Coreani.

Martirologio Romano: Presso Sai-Nam-Hte in Corea, passione dei santi martiri Lorenzo Imbert, vescovo, Pietro Maubant e Giacomo Chastan, sacerdoti della Società per le Missioni Estere di Parigi, che per salvare la vita di altri cristiani si consegnarono ai soldati e furono trafitti con la spada.
Pierre-Philbert Maubant nacque il 20 settembre 1803 nel villaggio di Vautirel, presso Vassy in Normandia, insieme alla sorella gemella Émélie, detta Mélie.
Era l’unico figlio maschio, preceduto da Marie Catherine, Rose Françoise, Victoire, Marie Anne Catherine (queste ultime due morte all’età di cinque anni) e seguito, dopo la gemella, da una bambina nata morta. Ricevette il Battesimo lo stesso giorno della nascita, presso la chiesa di Vassy.
Orientato e preparato al sacerdozio dall’abbé Maupas, parroco di Vassy dal 1815 al 1865, compì i suoi studi secondari a Vire. Dopo aver studiato Filosofia e Teologia nel Seminario Maggiore di Bayeux, venne ordinato sacerdote il 13 giugno 1829.
La sua prima destinazione fu una località dal nome poco incoraggiante: Le Désèrt, di poco più di cento abitanti, con un unico sacerdote ormai anziano e quasi cieco. Incontrò alcune difficoltà e vi restò appena un anno, trasferendosi poi a Champ-du-Boult, dove si occupò di millequattrocentoottantanove anime.
Dopo aver saputo della fondazione dell’Opera per la Propagazione della Fede, nata in Francia nel 1822, l’impiantò in parrocchia. Tuttavia alcuni, che avevano aderito alle idee della rivoluzione del 1830, erano in palese disaccordo con lui e arrivarono perfino a far ricorso al sindaco.
La polemica si chiuse il 2 agosto 1834, ma nel frattempo padre Maubant aveva preso una nuova strada: era entrato nel Seminario delle Missioni Estere di Parigi, a Rue du Bac.
Inizialmente, era stato inviato missionario in Cina, destinato alla regione del Sichuan. L’incontro con monsignor Barthélémy Bruguière, nominato Vicario Apostolico di Corea, gli fece cambiare idea: ottenuto il permesso dei superiori, decise di accompagnarlo per quanto possibile. Ma penetrare in quel Paese dopo aver attraversato la Tartaria (odierna Mongolia) risultò complicato, quindi decisero di separarsi.
Nel novembre 1835, proprio alla frontiera, monsignor Bruguière morì. Rimasto davvero solo, padre Maubant adottò uno stratagemma che gli servì anche in seguito: indossò un grande mantello e un cappello a tesa larga, il tipico abbigliamento coreano per un vedovo. Secondo l’usanza, nessuno doveva parlare con una persone vestita a lutto, per rispettare il suo dolore: in tal modo lui, che conosceva appena il cinese, non poteva incontrare incomprensioni linguistiche e neppure venire interrogato.
Iniziò quindi i suoi primi contatti coi più di seimila cristiani coreani, che da lungo attendevano un sacerdote. Dato che doveva ancora imparare la lingua del posto, per confessare le persone doveva farsi tradurre per iscritto o a voce la loro accusa dei peccati.
Dopo Pasqua arrivò, dalla diocesi di Digne, padre Jacques-Honoré Chastan, anche lui delle Missioni Estere, seguito, sul finire del 1837, dal nuovo Vicario di Corea, monsignor Laurent Imbert, proveniente dalla diocesi di Aix-en-Provence. Mediante il loro intenso lavoro e nonostante le minacce di persecuzioni, il novero dei cristiani toccò cifre inattese: novemila fedeli, tremila in più nel giro di tre anni.
L’impegno di padre Maubant fu incentrato anche sulla ricerca di vocazioni al sacerdozio, con la speranza di formare un clero autoctono. Due sono i casi più noti: Andrea Kim Taegon, del quale disse: «Quel ragazzo mi sembrò essere un eletto da Dio» e fu, in effetti, il primo sacerdote di nazionalità coreana. L’altro caso fu quello di Tommaso Yang-up, figlio di Francesco Ch’oe Kyong-hwan, catechista (e martire nella persecuzione del 1839), che acconsentì volentieri alla partenza per Macao del suo unico figlio maschio.
Improvvisamente, nella notte tra il 10 e l’11 agosto 1839, monsignor Imbert venne arrestato. Un suo collaboratore, Andrea Chong Hwagyŏng, aveva ingenuamente dato retta a un delatore, Kim Yo-sang, il quale gli aveva riferito che le autorità avevano deciso di accettare il cattolicesimo come religione e di farsi battezzare. Andrea, tenute a distanza le guardie, corse dal vescovo e gli riferì quanto aveva appreso: lui, intuito che si trattava di una trappola, si dispose a farsi catturare.
Se in un primo tempo monsignor Imbert fu persuaso di dover difendere i missionari, di fronte all’orrore della prigione e alle torture che subivano alcuni suoi collaboratori laici, si vide costretto a ordinare l’estrema ubbidienza ai suoi sacerdoti: consegnarsi alle autorità.
Il 23 agosto, padre Maubant ricevette un secondo messaggio dal vescovo: «Bonus pastor ponit animam suam pro ovibus suis. Si nondum estis profecti per cymbam, venite cum misso Son Kie Tsong» («Il buon pastore dà la vita per le sue pecore. Se non siete ancora partiti in barca, venite con l’inviato Son Kie Tsong»).
Nella notte tra il 5 e il 6 settembre, venne raggiunto da padre Chastan, insieme ad un ultimo appello: «In extremis bonus pastor dat vitam pro ovibus; unde si non-dum profecti estis, venite cum præfecto Son Kie Tsong, sed nullus christianus vos sequatur» («In casi disperati, il buon pastore dà la vita per le pecore: dunque, se non siete ancora partiti, venite col mandarino Son Kie Tsong, ma nessun cristiano vi segua»).
Padre Maubant, a quel punto, scrisse numerose lettere, di cui una con destinatari multipli: la sua famiglia, i suoi confratelli e il parroco di Vassy. Consapevole di ciò che l’aspettava, scrisse: «Andiamo a una festa troppo grande perché ci sia permesso di lasciar entrare nei nostri cuori sentimenti di tristezza».
Alcuni giorni più tardi, tutti e tre comparvero insieme di fronte al giudice e vennero interrogati per tre giorni, allo scopo di sapere i nomi e i nascondigli dei loro convertiti. Dato che le torture non li abbattevano, vennero condotti in un’altra prigione e, infine, condannati alla decapitazione.
L’esecuzione avvenne il 21 settembre 1839 a Saenamteo (o Sai-Nam-Hte), non lontano da Seul. I due sacerdoti avevano trentasei anni, il vescovo quarantasette. I loro corpi rimasero esposti per tre giorni; in seguito, vennero seppelliti alla meglio nella sabbia del luogo dell’esecuzione.
Verso la metà di ottobre, vennero portati via da alcuni cristiani e seppelliti sul monte Nogu, dove venivano posti quelli che non avevano delle proprietà. Più tardi, per evitare che venissero confusi tra migliaia di altre tombe, vennero traslati sul monte Samseongsan, che significa “dei tre santi”, denominazione che esisteva già da prima del diciottesimo secolo.
Il 21 ottobre 1901, la tomba fu aperta, ma i resti del vescovo Imbert erano confusi con quelli di Maubant e Chastan. Portati al seminario di Ryong-san, vennero traslati definitivamente, il 2 novembre 1901, presso la Cattedrale di Seul, nella cui cripta sono stati collocati dal maggio 1903. Padre Pierre Maubant e i suoi compagni vennero inclusi nei settantanove cristiani beatificati il 9 maggio 1925 e nei centodue canonizzati da papa Giovanni Paolo II il 6 maggio 1984, in piazza Youido a Seul, nell’ambito del viaggio apostolico in Corea, Papua Nuova Guinea, Isole Salomone e Thailandia.
La parrocchia natale di san Pierre Maubant lo ricorda ogni anno il 22 settembre e custodisce, oltre a una sua statua, una sua insigne reliquia, esposta annualmente nel giorno della sua festa.

(Autore: Emilia Flocchini - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Pietro Maubant, pregate per noi.

*San Quadrato di Magnesia (21 Settembre)
Martirologio Romano:
In Grecia, commemorazione di san Quadrato, discepolo degli Apostoli, che, come si tramanda, durante la persecuzione dell’imperatore Adriano, raccolse con fede e carità la Chiesa dispersa per timore e dedicò all’imperatore un libro in difesa della religione cristiana dall’insigne dottrina apostolica.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - San Quadrato di Magnesia, pregate per noi.

*Beato Tristano de Salazar - Mecedario (21 Settembre)

Vissuto nel convento di Santa Maria in Burcena (Spagna), il Beato Tristano de Salazar, illustrò l'Ordine Mercedario con la penitenza e l'innocenza della sua vita.
Colmo di meriti si addormentò nella pace del Signore.
L'Ordine lo festeggia il 21 settembre.

(Fonte:
Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Beato Tristano de Salazar, pregate per noi.

*Beati Vincenzo Galbis Girones ed Emanuele Torrò Garcia - Martiri (21 Settembre)
Schede dei gruppi a cui appartengono:
“Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia Beatificati nel 2001”
“Martiri della Guerra di Spagna”
Martirologio Romano:
Nel villaggio di Benisoda nel territorio di Valencia in Spagna, Beati martiri Vincenzo Galbis Gironés, padre di famiglia, ed Emanuele Torró García, che, conformandosi alla passione di Cristo, imitarono nel trionfo del martirio colui che avevano venerato.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beati Vincenzo Galbis Girones ed Emanuele Torrò Garcia, pregate per noi.

*Beato Vincenzo Pastor Garrido - Sacerdote Trappista, Martire (21 Settembre)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati Martiri Spagnoli Cistercensi" della Stretta Osservanza (Trappisti) e di San Bernardo
"Santi, Beati e Servi di Dio" Martiri nella Guerra di Spagna Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole) Senza data (Celebrazioni singole)
Valencia, Spagna, 16 febbraio 1905 - Cuesta de las Anguilas, Spagna, 21 settembre 1936

La passione dei monaci trappisti di Viaceli fu preceduta da quella di due confratelli che erano rimasti al monastero.
Infatti il giorno dell'espulsione i banditi marxisti avevano trattenuto con loro due sacerdoti, padre Vincenzo Pastor Garrido e con lui anche il padre Eugenio García Pampliega, probabilmente nella speranza di poter mettere le mani sul denaro dell'abbazia, che ritenevano ricca.
Le loro investigazioni non dettero però alcun risultato. Il 21 settembre gli anarchici offrirono ai due padri di accompagnarli in macchina a Santander, ritardando la partenza fino a notte inoltrata, ma a una ventina di chilometri dal monastero li uccisero a colpi di pistola, abbandonandone i cadaveri sul ciglio della strada.
Ritrovati il giorno seguente, la gente del posto li seppellì nel cimitero di Rumoroso. Soltanto nel 1940, dopo essersi accertati di tutte le voci che correvano, i monaci di Viaceli esumarono le due spoglie (sepolte senza cassa, uno sopra l'altro) e le trasportarono al monastero, seppellendole nel chiostro della lettura dietro il seggio abbaziale. Sono stati entrambi beatificati il 3 ottobre 2015.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Vincenzo Pastor Garrido, pregate per noi.

*Altri Santi del giorno (21 Settembre)
*
San
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.

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